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Contenuti del POS – Va valutato anche il rischio stress lavoro-correlato?
a cura dell’ing. M. Grandi (tratto dalla rivista n. 1/2011 – Ambiente & Sicurezza sul Lavoro)
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Valutazione del rischio stress per imprese con meno di 30 lavoratori
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Dall’ULSS 20 di Verona alcuni documenti rivolti alle imprese con meno di 30 lavoratori per operare una corretta valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Le linee operative, la metodologia valutativa, una check-list adatta alle piccole aziende.
La piccola e media impresa spesso ha difficoltà a sopportare la complessa organizzazione richiesta dalla normativa vigente in tema di sicurezza. E PuntoSicuro è attento a dare puntuale visibilità a linee guida, adattamenti normativi, proposte che possono facilitare la gestione della sicurezza in questo settore nodale per l’economia italiana ed europea.
Recentemente sul sito dell ’ULSS 20 di Verona, nello spazio gestito dal Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPISAL), sono stati pubblicati alcuni documenti relativi alla valutazione del rischio stress rivolti alle piccole imprese con meno di 30 lavoratori, valutazione che prevede l’utilizzo di una check-list, revisionata per le realtà produttive a minor complessità organizzativa.
Nel documento “ La valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Linee operative per le piccole imprese” – messo a punto da un gruppo di lavoro coordinato da Antonia Ballottin e Pietro Mazzoccoli – si indica che questa linea operativa “ha lo scopo di assistere le i mprese di piccole dimensioni nell’adempimento normativo della valutazione dello stress”.
Infatti è rivolta alle piccole imprese con meno di 30 lavoratori e prevede la possibilità di utilizzare una unica check-list, anche se la “proposta non esclude la possibilità di utilizzare altri strumenti d’indagine purché coerenti con le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e sicurezza sul luogo di lavoro”.
Il documento ricorda che lo stress non è una malattia ma una situazione di prolungata tensione che “può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute”. E può essere causato “da diversi fattori come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza della gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, ecc (art.3 dell’Accordo Europeo)”.
La valutazione del rischio stress lavoro-correlato, che “prende in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori (per esempio per mansioni o partizioni organizzative)”, fa riferimento a quanto indicato dal Decreto legislativo n. 81/2008.
E la proposta del gruppo di lavoro ha tenuto conto delle indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e sicurezza sul luogo di lavoro (18 novembre 2010), del documento del Comitato tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro “Guida Operativa per la valutazione e gestione del rischio da stress lavoro – correlato” e della proposta metodologica per la valutazione dello stress lavoro correlato del Network Nazionale per la Prevenzione Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro dell’ Ispesl.
Riguardo alle aziende molto piccole si ricorda che per i datori di lavoro che “occupano fino a 10 lavoratori, il D.Lgs 81/08 consente, di ricorrerete all’ autocertificazione dell’avvenuta valutazione nel rispetto dei criteri indicati dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e sicurezza sul luogo di lavoro”.
Riguardo alla metodologia di valutazione, come indicato nel documento della Commissione Consultiva, la valutazione del rischio stress lavoro correlato si articola in due fasi:
- una necessaria (valutazione preliminare): “consiste nella rilevazione, di indicatori oggettivi e verificabili, appartenenti quanto meno a eventi sentinella (es. indici infortunistici; assenze per malattia; turnover ….), fattori di contenuto del lavoro (es. ambiente, carichi e ritmi di lavoro; orario e turni…), fattori di contesto del lavoro (es. ruolo, autonomia decisionale e controllo, comunicazione…)”. Alla conclusione di questa fase di valutazione preliminare si possono presentare due diverse situazioni. Se non emergono elementi di rischio tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, “il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio ( DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio con la verifica nel tempo”. Se emergono elementi di rischio da stress lavoro-correlato “si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi e alla successiva rivalutazione per verificare l’efficacia”. E se gli interventi correttivi si rivelano inefficaci si procede con la valutazione approfondita;
- l’altra eventuale (valutazione approfondita): “quando gli interventi correttivi adottati nella fase preliminare si rivelano inefficaci, si deve procedere alla valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori (fase approfondita). In questa fase devono essere adottati strumenti quali questionari, focus group o interviste semistrutturate per sentire i lavoratori sui fattori di contenuto e contesto del lavoro. Tale fase fa riferimento ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche”. In questa fase, nelle imprese che occupano fino a 5 lavoratori, “il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunioni) che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia”.
Per la valutazione preliminare il gruppo di lavoro propone una check list, adattata alle realtà produttive a minor complessità organizzativa, che “permette di rilevare i parametri oggettivi previsti dal documento della Commissione Consultiva, riferibili ai dati aziendali (eventi sentinella) ed al contesto e contenuto del lavoro”. Si ricorda che “in relazione alla valutazione dei fattori di contesto e contenuto occorre sentire i lavoratori e/o il RLS/RLST”.
La check list è divisa in tre aree:
- AREA A – indicatori aziendali;
- AREA B – contesto del lavoro;
- AREA C – contenuto del lavoro.
Ad esempio, in relazione alla conciliazione casa/lavoro (inserita nell’area B), le domande della check list riguardano la:
- possibilità di effettuare la pausa pasto in luogo adeguato – mensa aziendale;
- possibilità di orario flessibile;
- possibilità di raggiungere il posto di lavoro con mezzi pubblici/navetta dell’impresa;
- possibilità di svolgere lavoro part-time verticale/orizzontale.
Ad ogni indicatore è associato un valore che concorre al punteggio complessivo dell’area, i punteggi delle 3 aree vengono poi sommati e concorrono ad “identificare la condizione di rischio e le azioni correttive che eventualmente devono essere adottate”.
La compilazione di queste tre aree permette di avere una “valutazione complessiva oggettiva parametrica delle condizioni di rischio”.
I documenti disponibili:
- Gruppo di lavoro coordinato dall’ULSS 20, “ La valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Linee operative per le piccole imprese”, documento messo a punto da un gruppo di lavoro coordinato da Antonia Ballottin e Pietro Mazzoccoli (formato PDF, 626 kB);
- “ Scheda di registrazione per ricevere check semplificata e il programma gestionale”, per ricevere il programma di gestione gli interessati devono compilare il modulo di registrazione;
- “ Scheda di feedback”, gli utilizzatori delle Linee operative per le piccole imprese con meno di trenta lavoratori sono pregati di compilare la scheda di feedback;
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Mancata valutazione dello stress da lavoro: a Torino la prima inchiesta
Questa notizia è stata tratta da: http://www.inail.it
24 marzo 2011. Sono sette le aziende iscritte nel registro degli indagati: secondo gli inquirenti guidati dal pubblico ministero Raffaele Guariniello non avrebbero rispetto in modo corretto l'articolo 29 del Testo Unico, fornendo documenti non attendibili in relazione ai disagi denunciati dai lavoratori
TORINO - Sono sette le aziende di Torino iscritte nel registro degli indagati per non avere valutato in modo corretto - è la tesi degli inquirenti - il rischio da stress del proprio personale. Si tratta della prima inchiesta del genere avviata i Italia in materia di violazione dell'articolo 29 del Testo unico sulla sicurezza del lavoro. Tra le imprese coinvolte finora - dopo i controlli dell'Asl e i successivi accertamenti del pm Raffaele Guariniello - figurerebbe anche un museo.
Il mancato rispetto del documento di valutazione del rischio - ha disposto la normativa - può arrivare a comportare l'arresto fino a otto mesi e ammende fino a 15 mila euro. Secondo le prime indiscrezioni trapelate, le indagini della Procura avrebbero evidenziato che il metodo di accertamento seguito dalle imprese (quelle controllate dall'Asl) non fornirebbe un quadro reale della situazione perché basato solo su alcuni parametri. Una parzialità nell'approccio che avrebbe sottovalutato in modo evidente problemi e disagi denunciati, al contrario, dai lavoratori intervistati dai medici aziendali o dal personale incaricato.
A evidenziare questo punto è stata proprio una squadra di psicologi che, su incarico del pubblico ministero, ha esaminato e studiato i documenti di valutazione. Bocciandoli tutti. Dal ministero del Lavoro sono state, così, fornite alle aziende delle indicazioni per lo svolgimento corretto dei test, ma Guariniello non parrebbe concordare sulla tempistica indicata.
Fonte: INAIL
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Valutiamo lo stress da lavoro. Un obbligo europeo che arriva adesso anche in Italia
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Dal 1° Gennaio 2011 anche in Italia le aziende devono revisionare il proprio Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), così come enunciato nel TUSL (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro – D. Lgs. 81/08 e s.m.i.), integrandolo con la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato ovvero, come riporta l’Accordo Europeo dell’8 Ottobre 2004, quella “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro”. Il fenomeno è Europeo e dai numeri impressionanti se pensiamo che coinvolge circa 40 milioni di lavoratori con costi quantificati in circa 20 miliardi di Euro/annuo per le cure di chi soffre di questa patologia e per i costi supportati dalle imprese per il fenomeno di assenteismo che genera.
La valutazione dello stress lavoro-correlato, come tutti i fattori di rischio deve essere effettuata dal Datore di Lavoro (DL) avvalendosi del proprio Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e con il coinvolgimento del Medico Competente (MC) e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST). In Italia l’adempimento è previsto dall’art. 28 del TUSL e prevede sanzioni che vanno da 2.500 a 6.400 e la reclusione da 3 a 6 mesi per chi non adempie. La valutazione coinvolge tutte le aziende, pubbliche e private. I destinatari sono tutti i lavoratori (quadri, dirigenti, impiegati, operai, etc.) e la valutazione va fatta non singolarmente su ogni lavoratore ma per gruppi omogenei di lavoratori.
Gli indicatori più frequenti che generano il rischio sono: la distribuzione dei carichi di lavoro, gli orari di lavoro, l’intensità dei ritmi, le pressanti richieste e la ripetitività del lavoro. Alcuni “eventi sentinella”, ossia quegli indicatori dai quali si deduce l’esistenza di potenziali fattori di rischio sono le assenze per malattia, segnalazioni del MC, specifiche lamentele da parte dei lavoratori, la presenza di continue sanzioni disciplinari. Tra i metodi utilizzati per la valutazione, consiglio la somministrazione di test e questionari, lo svolgimento di focus group (cioè interviste di gruppo guidate da un moderatore, con una griglia di argomenti più o meno strutturata per stimolare e creare maggiore interazione tra i partecipanti) ai lavoratori.
Per chi non sa come approcciare la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, ne diamo una sintesi di seguito:
♦ Fase 1 – Preliminare di verifica. Se si rileva la presenza del rischio va fatto un approfondimento (fase 2) di analisi. Se l’esito è negativo allora si aggiorna il DVR e si pianifica un monitoraggio della valutazione (fase 3);
♦ Fase 2 – Approfondimento. Il DL procede con la verifica soggettiva dei lavoratori in relazione all’ambiente lavorativo. A fase conclusa si aggiorna il DVR e si pianifica un monitoraggio della valutazione;
♦ Fase 3 – Aggiornamento DVR e pianificazione monitoraggio. Il DL procede con l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) dove ne indica un piano di monitoraggio delle attività e del fenomeno.
Il datore di lavoro che invece ha già svolto la valutazione non deve rifarla ma deve aggiornarla in caso di significativi scostamenti o riorganizzazione del processo produttivo.
In realtà la scadenza per adempiere alla valutazione è indicativa nel senso che le Linee Guida del Ministero del Lavoro dicono che dal 31/12/2010 si deve avviare l’iter di valutazione e che la fine di tale valutazione va indicata nel documento di valutazione dei rischi.
Autore: Lele Chichierchia
Pubblicato su: “C.S.C. – Cantieri, Strade, Costruzioni” – EDIFIS S.p.A. Milano
Numero: 246 – Marzo 2011
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Dipendente suicida per stress da lavoro: Mazda condannata
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2 marzo 2011. Il colosso giapponese dei motori verserà ai familiari una cifra pari a 555mila euro. Secondo la corte distrettuale di Kobe la vittima, di 25 anni, avrebbe totalizzato fino a 80 ore di straordinari al mese e sarebbe stato anche ridicolizzato dai superiori con l’accusa di inefficienza
TOKYO – Potrebbe diventare un caso giuridico destinato a incidere in modo profondo nella cultura industriale giapponese: la corte distrettuale di Kobe ha condannato la Mazda a risarcire con 63 milioni di yen (all’incirca 555mila euro) la famiglia di un dipendente di 25 anni che, nel 2007, si era suicidato per una forma di depressione dovuta a un eccesso di lavoro. A riportare la notizia è il “Business Week“. Il colosso nipponico dei motori – la cui linea di difesa aveva sostenuto l’assenza di un legame tra le condizioni professionali della vittima e la sua scelta di togliersi la vita – ha criticato la sentenza del tribunale, ma al momento non ha ancora reso noto se presenterà appello.
Il Giappone è tristemente noto per episodi del genere che riguardano, solitamente, manager stravolti da eccesso di stress (al punto che il fenomeno è definito con la specifica parola “karoshi”). Ma è la prima volta che la giustizia assegna una condanna con punizione pecuniaria così onerosa. Secondo la corte, presieduta dal giudice Ryuji Nakamura, il giovane (il cui nome non è stato reso noto: di lui si sa soltanto che lavorava nel quartier generale dell’azienda automobilistica a Fuchu, nella prefettura di Hiroshima, in qualità di responsabile dell’acquisto di componenti del motore) tra il novembre 2006 e l’aprile 2007 avrebbe totalizzato fino a 80 ore di straordinario al mese.
A questo carico incombente, poi, si sarebbero aggiunte le pressioni dei suoi superiori a produrre sempre di più e l’accusa di inefficienza, accompagnata da atteggiamenti di scherno e ridicolizzazione. Un insieme di cose che “avrebbe danneggiato lo stato di salute fisico e mentale” del dipendente – è scritto nella sentenza – fino a farlo sprofondare in una depressione dagli esiti fatali. Ancora, la Mazda sarebbe stata responsabile “di non aver riconosciuto il sovraccarico di lavoro richiesto al venticinquenne” e di non avere fatto nulla per alleviarlo dalla fatica.
“Riteniamo sia estremamente spiacevole aver perso un dipendente così prezioso”, è stato il commento del portavoce dell’azienda dopo la decisione del tribunale. “Offriamo le nostre condoglianze dal profondo dei nostri cuori”. Già nel 2008 il gruppo automobilistico aveva indennizzato con svariate centinaia di migliaia di yen la famiglia della vittima che alla fine, tra risarcimenti e altri pagamenti, ha avuto oltre 940 mila euro. Il primo suicidio di questo tipo in Giappone risale addirittura al 1969 e, da quel momento, i casi sono stati addirittura migliaia. Nel solo anno fiscale del 2010 – che in Giappone termina nel mese corrente – le vittime registrate sono state oltre 160.
Fonte: INAIL