Login Webmail

Login to your account

Nome utente
Password
Resta connesso

Valutazione Rischio Stress Lavoro Correlato (D.Lgs. 81/08 e successive modifiche)

Premessa

I rischi psicosociali lavoro-correlati riguardano alcuni aspetti della progettazione e della gestione del lavoro ed i suoi contesti sociali ed organizzativi che hanno in sè un potenziale tale da causare danni psicosociali o fisici. Tali fenomeni sono spesso multiformi e rappresentano una condizione di rischio psicosociale che produce un danno psicologico; pertanto tali fenomeni andrebbero considerati e discussi come il risultato di un ambiente di lavoro carente da un punto di vista psicosociale.
L’Accordo Europeo dell’8/10/04 contiene molti spunti interessanti che consentono di capire meglio che cosa si intende quando si parla di stress lavoro-correlato. Qui di seguito si riportano alcuni spunti tratti dal documento e informazioni complementari sullo stress e sulle modalità di rilevazione, prevenzione e riduzione di tale rischio.


Lo stress come causa di malattie

Come riferito dalla European Foundation for the Improvement of Living & Working Conditions (2007), lo stress lavoro-correlato è tra le cause più comuni di malattia riferito da oltre 40 milioni di lavoratori in tutta la UE e si sottolinea come il 6% della forza lavoro in EU sia stata esposta a violenza fisica, il 4% a violenza da parte di altre persone e il 5% a episodi di mobbing e/o molestie sul luogo di lavoro nel corso degli ultimi 12 mesi.


Definizioni di stress

Lo stress di per sé non è una malattia, anzi, a piccole dosi, ha anche effetti positivi. Si tratta di una reazione fisiologica dell’organismo, a seguito di stimoli esterni o interni, che porta ad uno stato di attivazione fisica e mentale, che prepara il corpo a reagire con attenzione e sforzo, come se si dovesse far fronte ad un’emergenza. E’ una sorte di “allerta” che ci prepara ad agire, contraendo i muscoli, aumentando il battito cardiaco, il ritmo del respiro e la velocità di reazione. Gli effetti si rilevano nel sistema endocrino e neurovegetativo (poiché varia il livello di molti ormoni, e in particolare dell’adrenalina) e nel sistema immunitario (gli anticorpi inizialmente diminuiscono, ma poi aumentano, proteggendoci dalle malattie nei momenti cruciali).
I cambiamenti fisici in sé prodotti da una situazione critica, dunque, non sono negativi, né tantomeno pericolosi. Sono anzi una reazione adattiva che consente di affrontare meglio quello che accade. In questo caso si parla di “eustress”, ovvero di stress positivo.
Ricordiamo inoltre che qualunque cambiamento, sia positivo che negativo, provoca stress, poiché ci induce a cercare un nuovo equilibrio rispetto ad una situazione consolidata.
Il problema nasce quando questo stato di attivazione permane per lungo tempo, divenendo cronico. Ciò significa in altre parole che lo stress diventa nocivo (o “distress”) se non si riesce a rilassarsi, a trovare un momento di calma tra un’urgenza e l’altra, tra un lavoro impegnativo e il successivo, o quando la situazione critica permane.
Secondo l’Accordo Europeo “lo stress è uno stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali, che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”. Si è stressati quando si ha la sensazione di non riuscire a fronteggiare la realtà, quando non ci si valuta capaci di sostenere una situazione o di rispondere adeguatamente alle aspettative degli altri nei propri confronti. E gli effetti possono riguardare l’organismo, le capacità cognitive, le reazioni emotivo-affettive, i comportamenti di interazione sociale.

 

Lo stress lavoro-correlato

Lo stress a cui si riferisce la normativa sulla sicurezza riguarda naturalmente l’ambiente lavorativo.
L’Accordo Europeo precisa che “lo stress indotto da fattori esterni all’ambiente di lavoro può condurre a cambiamenti nel comportamento e ridurre l’efficienza sul lavoro”. Lo stress non risparmia nessuno, e per quanto concerne l’ambito organizzativo, “può colpire in qualunque luogo di lavoro e qualunque lavoratore, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda, dal campo di attività, dal tipo di contratto o rapporto di lavoro”.
Non è facile distinguere l’origine di possibili disturbi e questo rappresenta un nodo assai difficile da dipanare: talvolta è davvero difficile stabilire per esempio se sono i problemi lavorativi a causare tensioni nella coppia o se al contrario i problemi familiari rendano insostenibili gli impegni lavorativi.
Altra questione spinosa è rappresentata dal ruolo fondamentale della soggettività: lo stesso lavoro può essere piacevole per qualcuno e pesantissimo per un altro. Inoltre una situazione tranquillamente gestibile in un periodo della propria vita, può diventare insormontabile in un momento in cui si è meno “in forma”. Di conseguenza, una misura oggettiva non dice nulla rispetto alla reazione soggettiva ad un singolo fattore stressogeno.
L’unico modo per rilevare effettivamente lo stress, dal punto di vista di uno psicologo, richiede di rivolgersi direttamente a ciascuna persona. Ma il rispetto della privacy impedisce di concentrarsi sulla situazione del singolo e di entrare nella sua sfera privata.
Come muoversi quindi per rilevare un rischio così complesso?

 

Procedere per gradi nella rilevazione

Si può procedere per gradi, come indicato nella metodologia proposta dall'ISPESL e dall'Ulss di Verona.
La prima rilevazione riguarda i dati oggettivi; una seconda fase può coinvolgere i responsabili, oltre che le persone che ricoprono ruoli nell’organigramma della sicurezza; una terza fase, più completa, prevede che tutti i collaboratori compilino un questionario in cui ciascuno esprime le sue valutazioni.
La prima ricognizione riguarda degli indicatori oggettivi che possono indicare quanto l’azienda investe nel personale, la sostenibilità degli orari di lavoro, la presenza di potenziali conflitti o discriminazioni.
Gli aspetti da considerare sono l’assenteismo, il turn-over, l’anzianità aziendale, le tipologie di contratto applicate, gli orari di lavoro e gli eventuali turni, la composizione del personale in termini di sesso, età, provenienza geografica, gli investimenti in formazione, i cambiamenti organizzativi rilevanti, le segnalazioni di disagi, la politica degli incentivi.
Fermarsi ai soli indicatori oggettivi non basta: possono essere fuorvianti se non sono accompagnati da un’analisi più approfondita. Per rilevare lo stress occorre parlare con le persone, o almeno con una rappresentanza, dopo averle informate su ciò che si sta facendo e sulle motivazioni alla base dell’indagine. Nel caso in cui si rilevassero situazioni potenzialmente critiche, sarà opportuno procedere e sentire il parere di tutti. La metodologia più completa prevede la compilazione di un questionario da parte di tutti i dipendenti. Per rispetto della privacy, il questionario dovrà essere anonimo, ma per poter intervenire puntualmente occorre almeno codificare i questionari secondo il reparto di appartenenza. Qualora si evidenziasse qualche caso critico si potrebbe concentrarsi sul reparto in questione per poi identificare, coinvolgendo nell’individuazione di possibili soluzioni il responsabile e possibilmente anche i lavoratori stessi.
Inoltre, al di là della rilevazione ufficiale, sarebbe opportuno che tutti i responsabili fossero sensibilizzati rispetto a tale rischio e segnalassero situazioni individuali potenzialmente critiche, in modo da poter intervenire sul singolo lavoratore qualora se ve ne fosse bisogno.

 

Breve Excursus storico legislativo

I grandi cambiamenti nel mondo del lavoro, a partire dell'introduzione delle nuove tecnologie fino alla diffusione delle nuove forme contrattuali di lavoro, oltre a portare un profondo mutamento della stessa organizzazione del lavoro, hanno introdotto anche nuovi rischi occupazionali.
L'Unione Europea, fin dall'emanazione della “direttiva madre” n. 89/391/CE, ha cercato di contestualizzare la specifica normativa di tutela della salute e sicurezza sul lavoro alle trasformazioni del mondo del lavoro, prevedendo l'obbligo per il datore di lavoro di “assicurare la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti legati al lavoro” e di “adattare il lavoro all'uomo”.
Con la firma, nel 2004, dell'“Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro” viene “ufficializzato” che lo stress lavoro-correlato, in quanto possibile fattore di rischio per i lavoratori alla stregua di altre noxae, va adeguatamente valutato da parte del datore di lavoro e, se presente, gestito, al fine di preservare la salute del lavoratore.

In tal modo, a livello europeo, la salute del lavoratore viene tutelata nella sua definizione più ampia statuita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”.
Nel contesto italiano, il recepimento delle specifiche direttive comunitarie, attraverso il D.Lgs 626/94 e sue successive modifiche ed integrazioni, introduce, nella già esistente normativa di settore, pur introducendo una maggiore garanzia di tutela attraverso una gestione integrata e condivisa anche dai lavoratori stessi, tuttavia non individua specificamente lo stress lavoro-correlato quale fattore di rischio; allo stesso modo, la modifica al D.Lgs 626/94, operata dalla L. 39/02, che richiama alla valutazione di “tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori…”, ivi compreso quello stress lavoro-correlato, non viene tradotta nella pratica.
La recente emanazione del D.Lgs 81/08 e sue successive modifiche ed integrazioni, oltre ad allineare la definizione di “salute” a quella dell'OMS, per quanto concerne la valutazione dei rischi rileva ed esplicita che, oggetto della stessa, sono “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004”.
L'ISPESL, negli ultimi anni, ha implementato la sua attività di ricerca sulla tematica stress lavorocorrelato sia attraverso la ricerca in autonomia, sia in collaborazione con partners europei nell'ambito del VI Programma Quadro della Commissione Europea nel Progetto PRIMA-ef (Psychosocial Risk Management at Work - European Framework).

 

Un nuovo paradigma

La valutazione stress lavoro-correlato è attualmente oggetto di grande attenzione sia da parte dei datori di lavoro che dei lavoratori.
Viene spontaneo domandarsi se esista il pericolo che la valutazione stessa possa tradursi, per la maggior parte delle aziende, in una generale e generica attestazione di assenza di rischio o nella mera compilazione di un documento cartaceo. Questo perché gli orientamenti culturali necessari per riconoscere tale rischio sono ancora poco diffusi e perché la valutazione andrà necessariamente ad “indagare” l’organizzazione del lavoro e la gestione delle risorse umane.
Quali le possibilità per evitare questo limite?
Dovrebbe crearsi un” interesse comune” ad affrontare la “tematica” con la consapevolezza che una buona valutazione rappresenta un valore aggiunto per l’impresa in termini di migliore clima organizzativo, di sana competitività, di qualità dei prodotti o servizi erogati .
Il Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro sottolinea la necessità che preliminarmente il processo di valutazione debba essere accompagnato da adeguate azioni informative, all’interno della realtà lavorativa, volte a migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da lavoro.
L’adozione, su larga scala, del percorso info-formativo potrà favorire quella che gli esperti definiscono “condivisione positiva”, vale a dire l’accettazione serena di un “cambiamento che funzioni” con efficace consapevolezza e senza eccessivi timori.

 

La Valutazione

Lo scopo della valutazione del rischio stress lavoro correlato è quello di guidare e sostenere datori di lavoro e lavoratori nella riduzione del rischio attraverso l'analisi degli indicatori oggettivi aziendali e l'eventuale rilevazione delle condizioni di stress percepito dai lavoratori.
La procedura di valutazione si articola in FASI:

  • valutazione degli indicatori oggettivi di stress al lavoro (compilazione di una check list);
  • valutazione della percezione dello stress al lavoro dei lavoratori, attraverso la compilazione di questionari di percezione, analizzati in modo aggregato;
  • identificazione della condizione di rischio e pianificazione delle azioni di miglioramento.

Se il problema di stress da lavoro è identificato, bisogna agire per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo. La responsabilità di stabilire le misure adeguate da adottare spetta al datore di lavoro. Queste misure saranno attuate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti. La valutazione deve essere organizzata e definita dalle aziende stesse, ossia dal gruppo aziendale di prevenzione che prevede la partecipazione del Datore di Lavoro, RSPP, RLS, MC, oltre che di eventuali altri soggetti indicati dalle organizzazioni.

 

Le misure di prevenzione e riduzione dello stress

Nel momento in cui si decide di rilevare il rischio stress lavoro-correlato bisogna anche essere pronti ad intervenire per ridurlo, nei casi in cui la misurazione individuasse delle situazioni critiche, e ciò vale soprattutto quando vengono interpellati tutti i dipendenti.
Chiedere ai lavoratori di esprimere il loro disagio per poi non dare nessun feedback (far conoscere i risultati dell’indagine, come minimo) e non procedere con delle azioni significa creare una frustrazione ancora maggiore.
L’Accordo Europeo precisa che “per prevenire, ridurre o eliminare i problemi derivanti dallo stress lavoro-correlato si può ricorrere a misure collettive, individuali o tutte e due insieme. Si possono introdurre misure specifiche per ciascun fattore di stress individuato oppure le misure possono rientrare nel quadro di una politica anti-stress integrata”.
Si citano anche degli esempi di interventi: le organizzazioni potrebbero creare “sistemi di comunicazione e gestione (per chiarire obiettivi aziendali, definire i ruoli, sostenere gli individui e i gruppi di lavoro, dimostrare coerenza tra responsabilità e controllo, migliorare organizzazione, processi, condizioni e ambiente di lavoro)”, sviluppare programmi di “formazione a dirigenti e lavoratori su stress, cause, sintomi e modalità di affrontarlo”, programmare costantemente iniziative che comportino “informazione e consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti”.
Si tratta in altre parole di favorire il coinvolgimento del personale attraverso l’informazione, la formazione e una gestione che assicuri la loro partecipazione attiva e la loro motivazione, prestando attenzione anche alle esigenze personali.
Esempi concreti di queste misure possono essere la cura per l’ambiente di lavoro (pulizia, ordine, salubrità, confort), la flessibilità nella concessione di ferie e permessi, le riunioni realizzate per informare il personale della situazione aziendale e lavorativa, l’attenzione alla qualità dei rapporti con i responsabili e i colleghi, la formazione offerta ai collaboratori che devono occuparsi di nuovi compiti, la possibilità di gestire autonomamente le pause, i servizi mensa, i riconoscimenti per l’impegno e i risultati, le iniziative ricreative finalizzate a migliorare il clima tra i lavoratori.
Spesso molte di queste misure già sono attuate in azienda: le realtà più strutturate possono aver sviluppato politiche attente alla persona e orientate al coinvolgimento, mentre nelle piccole imprese, si incontrano frequentemente esempi di attenzioni alle situazioni individuali che derivano dalla qualità dei legami che si creano tra proprietà e collaboratori.
Tutto ciò naturalmente va considerato e inserito nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), insieme alla metodologia e ai risultati della rilevazione.

 

La Legge Regionale 22

Legge Regionale 22 gennaio 2010, n. 8 - Prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing e tutela della salute psico-sociale della persona sul luogo del lavoro.Scarica il testo di legge
 

Guida Operativa

In relazione alle disposizioni normative previste dall'art. 28 D.Lgs 81/08 s. m. i. in tema di valutazione dello stress lavoro-correlato, il Comitato tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro ha ritenuto necessario attivare uno specifico gruppo di lavoro, ed  ha approvato la "Guida Operativa per la valutazione e gestione del rischio da stress lavoro – correlato". Scarica la guida
 

Convegno Nazionale Nuovi Codici del Lavoro

Leggi gli appunti e scarica i documenti relativi alle giornate di convegno svoltesi a Cagliari il 29 e 30 Aprile 2010.

Questo sito utilizza cookie per migliorare la navigazione e per analizzare il traffico web.