Proroga dei termini in materia di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere. Le modifiche concernenti la sostituzione dei dispositivi di apertura delle porte installate lungo le vie di esodo.
Anche quest’anno, come gli anni passati, un decreto legge di fine anno – il Decreto Legge del 29 dicembre 2011, n. 216 – porta con sé una serie di proroghe giustificate da motivi di necessità ed urgenza e “al fine di garantire l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa”. Un decreto che viene normalmente chiamato “milleproroghe” e che a volte porta con sé proroghe che di anno in anno differiscono i termini di scadenza di una stessa legge. È il caso ad esempio della proroga dei termini in materia di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere.
Il comma 7 articolo 15 del Decreto (Proroga di termini in materia di amministrazione dell’interno) recita: il termine stabilito dall'articolo 23, comma 9, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come da ultimo prorogato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011, è ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2012 per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e siano ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 1
1. All'art. 1 del decreto del Ministro dell'interno 3 novembre 2004, le parole «ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi» sono sostituite dalle seguenti «di cui all'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151».
Art. 2
1. All'art. 5 del decreto del Ministro dell'interno 3 novembre 2004, le parole «sei anni» sono sostituite dalle seguenti «otto anni». Restano fermi i casi per cui e' prevista la sostituzione dei dispositivi di apertura manuale delle porte installate lungo le vie di esodo e l'obbligo di garantire il mantenimento della loro funzionalità originale, di cui al predetto art. 5, anche tramite asseverazione di tecnico abilitato.
2. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
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Dalle ore 12 del 28 dicembre 2011 alle ore 18 del 7 marzo 2012 le domande potranno essere compilate e salvate mediante procedura informatica attiva sul portale INAIL, sezione Punto cliente. Le domande saranno successivamente inviate, tramite il codice identificativo assegnato, con inoltro telematico da effettuare nei giorni che verranno indicati dopo il 14 marzo 2012.
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Stress Lavoro Correlato: il ruolo dell'RLS
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Presentati gli atti di un seminario che ha affrontato il ruolo del RLS nella valutazione dello stress lavoro-correlato. I documenti informativi, le norme in vigore, le responsabilità, l’organizzazione lavorativa e la casistica giurisprudenziale.
Bologna, 27 Giu – Organizzato dal Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza ( SIRS-RER) – insieme a diversi altri enti e organizzazioni (Provincia, Comune e AUSL di Bologna, AUSL di Imola, DPL di Bologna, INAIL e DSP di Bologna, CGIL-CISL-UIL, …) – si è tenuto il primo aprile a Bologna il seminario dal titolo “Il ruolo del RLS nella valutazione dello stress lavoro-correlato”.
Il seminario sottolinea che l’ articolo 28, comma 1, del Decreto legislativo 81/2008 prevede che la valutazione dei rischi debba essere effettuata tenendo conto, tra l’altro, dei rischi da stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004.
In particolare l’avvio per tale valutazione è stata individuata nel 31/12/2010 e la Circolare indicativa emessa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali alla fine del 2010 ha offerto indicazioni sulle modalità di valutazione e sui doveri del Datore di lavoro.
Il seminario ha cercato di fare chiarezza sulle norme in vigore, sul sistema di tutela dei diritti dei lavoratori, sulle responsabilità dei Datori di lavoro- Dirigenti-Preposti, sul ruolo del RSPP e del Medico competente, sui modelli di valutazione applicabili nelle aziende per la valutazione dello stress. E ha inoltre mostrato come il ruolo e la partecipazione attiva dei RLS possa influire positivamente su tale tipo di valutazione.
Il primo intervento che presentiamo è quello dell’avvocato Rolando Dubini dal titolo “Rischi Psicosociali: 1. Stress-lavoro correlato”; un intervento molto articolato che inizia con un excursus su indirizzi e normativa partendo dalla Direttiva europea 89/391/CEE del 12 giugno 1989, fino al Decreto legislativo 81/2008 e agli indirizzi e normative più recenti.
Riguardo al D.Lgs. 81/2008 il relatore si è soffermato sull’oggetto della valutazione dei rischi e sugli obblighi dei diversi attori della sicurezza. Ad esempio del datore di lavoro e del medico competente.
Fino ad arrivare all’ Articolo 50, relativo alle attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ( RLS). In questo articolo si sottolinea che fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (…) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva.
Il documento si sofferma poi su:
- Indirizzi della regione Lombardia, Documento Valutazione rischi 2004;
- Accordo europeo dell’8 ottobre 2004;
- PRIMA-EF, Guida al contesto europeo per la gestione del rischio psicosociale.
Dall’intervento riprendiamo alcune indicazioni tratte dalla Guida della Commissione Europea sullo stress dove si sottolinea come il “miglioramento dell’organizzazione deve essere considerato tra le misure preventive dello stress, in particolare nelle seguenti aree: orario di lavoro (per evitare il conflitto vita privata-lavoro), partecipazione/controllo, carico di lavoro (per assicurare la compatibilità con le capacità e le risorse del lavoratore), contenuto della mansione (per fornire significati, stimoli ed opportunità di impiego delle competenze), ruoli (chiarezza), ambiente sociale (per fornire supporto sociale), prospettive future (per diminuire l’insicurezza lavorativa)”.
NeiPrincipi ergonomici relativi al carico di lavoro mentale (Standard Europeo: EN ISO 10075) lo stress mentale è definito come “l’insieme di tutte le influenze esterne esercitate su una persona, al punto da condizionarla mentalmente”. “Le influenze che le situazioni ambientali possono avere sullo stress mentale includono: richieste del compito (es. concentrazione prolungata, responsabilità verso gli altri), condizioni fisiche (es. luminosità e rumore), fattori sociali ed organizzativi (es. procedure di controllo e di comunicazione, ambiente organizzativo), fattori sociali esterni all’organizzazione (es. situazione economica). La tensione mentale è un effetto immediato dello stress. Gli effetti dannosi (a breve termine) della tensione mentale sono: fatica mentale e ‘stati di affaticamento mentale’ (es. monotonia, vigilanza ridotta, inappetenza)”.
Dubini ricorda poi che la “politica organizzativa per la gestione dei rischi psicosociali e la prevenzione dello stress lavoro-correlato invia un chiaro messaggio ai datori di lavoro e agli attori sociali per il fatto che l l’azienda azienda riconosce l l’importanza di questi fattori e intende importanza occuparsene in modo serio”. E una politica “funzionerà al meglio quando essa verrà sviluppata attraverso un processo di consultazione con attori sociali e con il supporto adeguato da parte di un esperto, ove necessario”.
È poi fondamentale che “le politiche mettano in luce il ruolo chiave del dialogo sociale e della partecipazione dei dipendenti nel processo di gestione del rischio psicosociale. Si dovranno prevedere le procedure e le persone di riferimento e si dovranno individuare gli indicatori chiave che l’organizzazione utilizzerà nel corso del processo di gestione del rischio psicosociale; si dovranno segnalare il tipo di formazione e le linee guida che verranno realizzate e rese disponibili agli attori principali per garantirne in modo adeguato la realizzazione. Si deve segnalare come e con quale frequenza verranno valutati gli indirizzi adottati. Infine, qualsiasi tema etico relativo a questo argomento dovrà essere affrontato e discusso prevedendo al tempo stesso le informazioni sulla procedura da seguire”.
La relazione, che si sofferma anche sull’accordo quadro sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro (2007) e sulle linee di indirizzo della Regione Toscana, raccoglie al suo interno un’ampia casistica giurisprudenziale, di cui riportiamo solo un caso rimandando il lettore alla lettura integrale del documento.
Viene riportato un caso relativo a depressione per stress da lavoro.
La Corte di Cassazione ha sancito che un’azienda di vigilantes deve risarcire la sofferenza patita da un lavoratore “per la depressione nella quale era caduto a causa dei turni troppo stressanti”.
Per la Suprema Corte l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro come pure la tutela salute bene primario e costituzionalmente garantito devono prevalere sulla mera osservanza delle condizioni contrattuali e individuali e collettive che regolano le modalità della prestazione lavorativa.
Questo lavoratore aveva chiesto ,più volte alla sua azienda “di essere esentato dai continui turni notturni a causa della depressione nella quale era caduto. Turni troppo stressanti gli avevano infatti provocato ‘cefalea muscolotensiva psicogena’ con ‘ disturbi di ansia tendenti alla cronicizzazione’. Patologie tutte confermate da certificazioni mediche stilate nel ‘99 dalla Asl che aveva accertato l’idoneità al lavoro del dipendente solo a condizione di pari alternanza tra lavoro notturno e diurno. Ciò nonostante il vigilantes aveva continuato a lavorare senza alternanza di turni e nell’ottobre del 2000 veniva licenziato dall’azienda per impossibilità di essere adibito ad altra posizione lavorativa”.
Benché l’azienda abbia protestato in Cassazione, “anche in considerazione del fatto che l’Inail aveva considerato la patologia depressiva come malattia comune e non professionale e quindi non avrebbe provveduto all’indennizzo”, la sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza 9353 ha respinto il ricorso sottolineando che la persistenza nell’adibizione costante a turni notturni che aveva dato causa alla depressione del lavoratore, costituì indubbiamente un elemento di colpa, rilevante anche sotto il profilo penale (lesioni colpose), con conseguente responsabilità civile della datrice di lavoro anche per il danno morale”.
La sentenza sottolinea come l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro, anche in relazione ad un singolo lavoratore, essendo posto a tutela del bene primario e costituzionalmente garantito della salute, prevale sulla mera osservanza delle condizioni contrattuali individuali e collettive che regolano in via generale le modalità della prestazione lavorativa, così come prevalgono sulle esigenze organizzative del datore di lavoro.
“ Rischi Psicosociali: 1. Stress-lavoro correlato”, Avvocato Rolando Dubini , relazione al convegno “Il ruolo del RLS nella valutazione dello stress lavoro-correlato” (formato PDF, 1.17 MB).
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Stress Lavoro Correlato: confronto tra metodologie oggettive e soggettive
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Un confronto tra dati oggettivi verificabili e dati soggettivi nel percorso metodologico per la valutazione dello stress lavoro correlato. Le definizioni, il distress, i fattori che favoriscono lo stress e i risultati del confronto.
Bologna, 20 Giu – Nei giorni scorsi abbiamo presentato uno spazio sul sito dell ’ULSS 20 di Verona, gestito dal Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPISAL), dedicato alla valutazione del rischio stress con particolare riferimento alle imprese con meno di 30 lavoratori.
Anche oggi ci occupiamo di stress lavoro correlato e dell’ULSS 20 di Verona presentando alcuni documenti tratti da un convegno, organizzato dall’ULSS, dal titolo“Valutazione dello stress lavoro correlato. Esperienze regionali a confronto”.
Il convegno, che si è tenuto il 5 maggio 2011 nella cornice della manifestazione “ Ambiente Lavoro”, si proponeva di presentare, riguardo alla valutazione stress lavoro correlato, sia le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente che le varie esperienze regionali. L’obiettivo era quello di diffondere la conoscenza delle buone pratiche sperimentate e promuoverne l’applicazione in tutti i settori del mondo produttivo.
In “ La valutazione preliminare ed approfondita: confronto tra metodologie oggettive e soggettive”, relazione al convegno del Dott. Luigi Perbellini (Medicina del Lavoro – Dipartimento di Sanità Pubblica e Medicina di Comunità – Università di Verona) viene fatta una breve disamina del significato di stress partendo da una classica definizione: una reazione aspecifica dell’organismo a quasi ogni tipo di esposizione, stimolo e sollecitazione (Seyle 1936).
Lostress è in realtà una risposta “naturale”, “fisiologica”, “normale” dell’organismo che “permette di affrontare situazioni problematiche o vissute come problematiche”.
E il “clima organizzativo” di una società, “degli ambienti di lavoro, delle famiglie, del microcosmo che ci circonda può favorire o ridurre il numero e l’intensità dei fattori ‘stressogeni’ la maggior parte dei quali sono positivi ed essenziali per aumentare le nostre conoscenze- competenze (Eustress)”.
Se invece “specifiche situazioni problematiche si presentano troppo spesso ed hanno caratteristiche di eccessiva difficoltà oppure persistono nel tempo allora questo ‘ stress’ (reazione a esposizioni-stimoli-sollecitazioni) assume caratteristiche negative (Distress)”.
Alcune utili definizioni riguardo al distress:
– reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore (USA_NIOSH 1999);
-reazione ad aspetti avversi e nocivi del contenuto, dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro con elevati livelli di tensione ed ansia, spesso accompagnati da senso di inadeguatezza;
-il distress lavorativo è dovuto ad una disarmonia fra sé e il proprio lavoro, a conflitti fra ruolo al lavoro e al ruolo fuori di esso e da un insufficiente controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita.
Si ricorda poi che nel 2002 l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) ha promosso una Campagna Europea sui problemi psicosociali nel cui ambito si sono tenuti numerosi eventi e prodotte diverse pubblicazioni. Ed è stato posto l’accento sull’obbligo legale, sulla saggezza pratica e sui benefici economici della valutazione e prevenzione dei rischi psicosociali.
Successivamente l’autore affronta il percorso da intraprendere per la valutazione dei rischi psicosociali. Un percorso che comprende:
- coinvolgimento della direzione aziendale (>90 %…);
- opportune azioni di comunicazione e informazione;
- l’ acquisizione di specifiche competenze da parte del RSPP e del medico competente e la loro partecipazione attiva insieme a quella del RLS;
- la formazione di lavoratori, dirigenti e preposti;
- la consultazione dei lavoratori;
- la valutazione del rischio;
- l’adozione di misure correttive;
- la verifica dei cambiamenti ottenuti;
- la gestione di singoli casi;
- il monitoraggio nel tempo”.
Con riferimento al Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro e al percorso metodologico per la valutazione dello stress lavoro correlato (raccolta dati organizzativi, informazione dei lavoratori, indagine oggettiva-soggettiva, pianificazione interventi, attuazione interventi, verifica), è stato svolto un lavoro di confronto dei dati oggettivi-verificabili” e “dati soggettivi” in 19 strutture aziendali pubbliche distribuite nella Regione Veneto.
Questi gli strumenti per operare il confronto:
- check list proposta dal Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro (ex Ispesl-INAIL);
- questionario multidimensionale sul Benessere Organizzativo (Magellano).
Nelle slide dell’intervento, che vi invitiamo a visionare, sono raccolti alcuni dati in relazione a:
-raccolta di indicatori aziendali: indici infortunistici, assenza per malattia, assenze dal lavoro, ferie non godute, trasferimenti interni richiesti, rotazione del personale, procedimenti/sanzioni disciplinari, richieste visite mediche straordinarie al medico competente, segnalazioni formalizzate del medico competente di condizioni di stress sul lavoro, istanze giudiziarie per licenziamento/demansionamento;
-fattori gestionali che possono favorire lo stress: ad esempio in merito alla cultura organizzativa (“scarsa comunicazione, bassi livelli di sostegno per la risoluzione di problemi e lo sviluppo personale, mancanza di definizione degli obiettivi organizzativi”), al ruolo nell’organizzazione (“ambiguità e conflitto di ruolo, responsabilità di altre persone”), allo sviluppo di carriera (“incertezza / blocco della carriera insufficienza / eccesso di promozioni, bassa retribuzione, insicurezza dell’impiego, scarso valore sociale attribuito al lavoro”), all’autonomia decisionale/controllo (“partecipazione ridotta al processo decisionale, carenza di controllo sul lavoro”), alle relazioni interpersonali sul lavoro (“isolamento fisico o sociale, rapporti limitati con i superiori, conflitto interpersonale, mancanza di supporto sociale”), all’interfaccia famiglia/lavoro (“richieste contrastanti tra casa e lavoro, problemi di doppia carriera”);
-fattori organizzativi stressogeni: ambiente di lavoro e attrezzature, pianificazione dei compiti, carico/ritmi di lavoro, orario di lavoro;
- livelli di rischio.
Queste le considerazioni conclusive dell’autore:
- “tra le metodiche disponibili per la valutazione dello stress lavoro correlato la Check list di parametri verificabili proposta dal ‘Network Nazionale per la Prevenzione del Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro’ è un punto di partenza non complicato e utilizzabile anche da personale non particolarmente specializzato;
- l’eventuale approfondimento con la consultazione dei lavoratori deve associarsi a metodologie validate e la collaborazione dello psicologo del lavoro a volte è opportuna-necessaria;
- le esperienze disponibili sottolineano che i parametri verificabili della check list vengono confermati dalle valutazioni soggettive, le quali permettono di allargare lo sguardo della valutazione del rischio stress anche ad altre dimensioni riguardanti per esempio il benessere organizzativo;
- queste prime esperienze necessitano di essere ampliate anche con una rivisitazione dei modelli per la valutazione soggettiva in funzione di una loro maggior diretta aderenza-confrontabilità con i risultati oggettivi-verificabili”.
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Stress Lavoro Correlato cosa succede in Italia
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A circa cinque mesi dalla pubblicazione delle linee guida per la valutazione dello stress lavoro correlato l’autore, che ha partecipato alla stesura delle linee guida pubblicate del Ministero del Lavoro, propone una prima analisi di cosa sta accadendo nel nostro paese a seguito dell’avvio della valutazione richiesta dal D. Lgs. 81/08. A cura di Antonio Zuliani.
La Commissione Consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro ha approvato, lo scorso novembre, le linee guida relative alla valutazione dello stress lavoro-correlato, come quanto disposto dagli articoli 6, comma 8, lettera m-quater, e 28, comma 1 bis del D. Lgs. 81/2008 e successive modificazioni. Tale linee guida sono state pubblicate con apposita Circolare da parte del Ministero del Lavoro il 18 novembre 2010.
Avendo fatto parte del Comitato, istituito presso il Ministero del Lavoro, che ha elaborato queste linee vorrei proporre una prima analisi critica della situazione a più di tre mesi dalla loro pubblicazione.
Tra desiderio e realtà
Il documento prodotto aveva l’obiettivo di fornire delle indicazioni metodologiche che permettessero a qualsiasi datore di lavoro di poter attuare l’obbligo della valutazione dello stress lavoro-correlato, commisurandola alla sua reale e specifica realtà organizzativa e produttiva.
Proprio per favorire questa attuazione non erano state emanate disposizioni rigide e/o pensate principalmente per grandi e complesse realtà produttive (come risultavano essere ad esempio quelle contenute in numerosi e qualificati documenti elaborati anche da importanti Enti di ricerca) pensando che una richiesta troppo minuziosa avrebbe indotto la maggioranza delle piccole realtà produttive italiane ad una sorta di “evasione” dell’obbligo perché sentito come troppo complesso e lontano dal fotografare la propria realtà.
Lo spirito del documento ministeriale, invece, sottende l’idea di avviare, anche nel nostro paese, un percorso di riflessione e di azione atto a migliorare il fattore benessere all’interno del mondo del lavoro e ciò appare possibile solamente se l’approccio risulta fattibile per tutti.
Questo è forse l’effetto che meno si coglie a distanza di poco più di tre mesi. E’ ben vero che il tempo è limitato e che, al di là delle scadenze, ben poche realtà aziendali sembrano essersi adeguate alla norma, ma sembra evidente che le aziende che già avevano adottato una politica interna attenta allo sviluppo delle risorse umane hanno trovato un’ulteriore occasione di riflessione, per le altre poco sembra essere cambiato.
Se ciò è accaduto ritengo che parte della responsabilità ricada anche su tanti “consulenti” che hanno rivolto maggiormente la loro attenzione al limitato aspetto delle realizzazione della valutazione preliminare (che può essere svolta efficacemente all’interno dell’azienda stessa) invece di proporsi come efficaci risorse per affiancare l’azienda nella soluzione dei complessi temi che potevano scaturire dal dover o dal decidere di affrontare la valutazione approfondita delle causa che impediscono lo sviluppo di un significativo benessere. Certamente si tratta di una strada più semplice, ma che segnala anche una certa improvvisazione in tanto mondo consulenziale.
Questo scarso apporto da parte del mondo dei consulenti deriva, a mio parere da due fattori. Da un lato tutte le incombenze derivanti dalle disposizioni relative alla sicurezza, che hanno trovato la loro definizione nel D. Lgs. 81/08, hanno determinato una sorta di rendita di posizione che ha spinto all’inaridirsi delle spinte innovative rischiando di trasformare i consulenti in una sorta di “burocrati” della sicurezza, non più interessati a suggerire all’azienda l’opportunità di affrontare tematiche innovative. Parafrasando: “c’è così tanto lavoro per la prassi ordinaria che non vale la pena di dedicarsi a cose nuove, che l’azienda non gradisce”. Il secondo aspetto è legato al fatto che la valutazione dello stress lavoro correlato ha rappresentato una ghiotta occasione per tanti neofiti che, non conoscendo affatto il mondo aziendale, hanno pensato che occupandosene fosse un efficace modo per “sbarcare il lunario” riducendosi, così, ad compilatori di check list, alcune delle quali veramente buffe.
Benessere o stress?
L’amara riflessione sopra presentata sottolinea ancora una volta come la maggior attenzione stia riguardando le “misure” per superare indenni un’incombenza vissuta come “fastidiosa” piuttosto che affrontare il ben più significativo argomento del miglioramento del benessere.
Lavorare per il miglioramento del benessere significa, in sostanza, diminuire le ripercussioni negative sul lavoro collegabili allo stress, ma anche uscire dalla logica strettamente strumentale di un lavoro che assume solamente la finalità di concorrere all’incremento della produzione. Questa nuova attenzione può veramente riproporre il lavoro come luogo in cui la persona può incontrare se stesso, le proprie potenzialità e ideazioni attraverso l’attuazione di una progettualità che non lo fa muovere con la sola logica del fare.
Fare, alla fin fine, è eseguire bene un mansionario, una procedura a prescindere dagli scopi finali dei quali non ci si sente responsabili. La storia è piena di persone che hanno applicato procedure perché è stato loro ordinato di farlo o perché non sapevano fare altro seguendo ragioni solo strumentali.
Superare la logica del fare significa adottare quella più matura dell’agire dove l’azione è sempre scelta sulla base di principi etici e politici, il primo dei quali è quello della responsabilità personale non delegabile a ordini dall’alto o a procedure “immutabili”.
A ben vedere la differenza profonda sta nel fatto che per fare non occorre pensare, per agire si.
Senza ricordare i benefici nel settore della produttività e della lotta all’assenteismo che l’attenzione al benessere determinano (solo per citare alcuni dei più evidenti risultati che la ricerca sta evidenziando), ritengo che la possibilità di avere collaboratori portati alla partecipazione attiva sia una risorsa di grande importanza proprio in questo periodo di crisi economica, dove ogni apporto e ogni idea positiva diventano tanto più preziose.
L’esempio di E.Bi.Pro.
Nel panorama nazionale spicca la via scelta da E.Bi.Pro (l’Ente bilaterale dei Liberi Professionisti italiani) che ha scelto di approfittare dell’occasione offerta dalla necessità di produrre una valutazione sullo stress lavoro correlato all’interno degli studi professionali per promuovere un’azione di riflessione comune tra datore di lavoro e collaboratori/dipendenti sia sul significato della tematica sia sulle reciproche attenzione per il miglioramento del benessere all’interno dell’ambiente di lavoro. […]
Il coinvolgimento dei dipendenti per la valutazione non è solo un adempimento normativo, ma l’opportunità per lo sviluppo di uno studio più sano e produttivo, nel quale si lavora per aumentare il benessere: questo non solo realizza un clima interno migliore, ma anche realizza verso l’esterno un’immagine di qualità, in grado di fidelizzare vecchi e nuovi clienti.
L’obiettivo condiviso diviene quello di realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità sia della vita dei lavoratori sia delle prestazioni.
Nello spirito innovativo di ricerca delle migliori condizioni di benessere all’interno dello studio professionale, possono essere attivate una serie di strategie, che possono essere utili per individuare le misure migliorative sia qualora la valutazione dimostri la presenza di stress nel luogo di lavoro sia se si vuole, comunque, attivate un’azione di costante miglioramento.
A tale proposito si sottolinea come, nella realtà della particolare interazione tra titolare e collaboratori che si ritrova all’interno degli studi professionali, il coinvolgimento dei collaboratori nella scelta e nell’attuazione delle misure da adottare è già di per sè una strategia utile per il superamento dello stress, oltre a rispettare lo spirito della legge.
Si tratta, inoltre, di un metodo necessario se si vuole perseguire lo sviluppo di una cultura della sicurezza (in questo caso della ricerca del benessere) non legata solo al rispetto degli adempimenti di legge, ma fattivamente condivisa in un processo formativo che coinvolge tutti i soggetti dello studio.